La ragazza cinese pedalava di fianco a lui e la gonna con lo spacco lasciava intravedere le calze autoreggenti. Lui provò una piccola fitta. Non si aspettava una visione sensuale in quella donna intenta a pedalare per raggiungere l’ufficio, nella parte nuova di Begijn, in uno di quei grattacieli moderni che si rispecchiano l'un l’altro nel gioco di riflessi uguali e monotoni.
I tetti della Città Proibita si asciugavano lentamente dalla pioggia notturna e la grande foto di Mao era tempestata dai colpi di flash delle scatole fotografiche dei lavoratori di altre province in gita premio. Distolse lo sguardo, ma gli restò impressa quella visione inaspettata dell’universo femminile.
L’anziana donna-semaforo si spostò per interrompere il flusso delle biciclette alzando una paletta verde e rossa; il cerchio rosso si contrappose al movimento serpeggiante dei lavoratori in ritardo.
La ragazza era al suo fianco e con un piede a terra si manteneva in equilibrio; il ricamo delle calze apparve simile a un tatuaggio sulla pelle chiara. Bellezza incosciente, gesto involontario, erotismo inconsapevole.
Passi e ancora passi lo trascinarono via.
Beijing appare avvolta da un vestito di seta grigio violento e il sole fatica a spezzare le nebbie. L’odore di fritto ha invaso le strade e le mani veloci delle donne lavano chili e chili di germogli di soja; polli, oche e maiali cesseranno di esistere per dare energia a migliaia di magre gambe che pedalano senza interruzione. Le ruote fendono le nebbie mattutine e la polvere, tracciano miliardi di vene immaginarie sopra il corpo dell’antica Pechino.
Nulla è mosso inutilmente - niente si agita - ogni cosa è al proprio posto.
I tetti della Città Proibita si asciugavano lentamente dalla pioggia notturna e la grande foto di Mao era tempestata dai colpi di flash delle scatole fotografiche dei lavoratori di altre province in gita premio. Distolse lo sguardo, ma gli restò impressa quella visione inaspettata dell’universo femminile.
L’anziana donna-semaforo si spostò per interrompere il flusso delle biciclette alzando una paletta verde e rossa; il cerchio rosso si contrappose al movimento serpeggiante dei lavoratori in ritardo.
La ragazza era al suo fianco e con un piede a terra si manteneva in equilibrio; il ricamo delle calze apparve simile a un tatuaggio sulla pelle chiara. Bellezza incosciente, gesto involontario, erotismo inconsapevole.
Passi e ancora passi lo trascinarono via.
Beijing appare avvolta da un vestito di seta grigio violento e il sole fatica a spezzare le nebbie. L’odore di fritto ha invaso le strade e le mani veloci delle donne lavano chili e chili di germogli di soja; polli, oche e maiali cesseranno di esistere per dare energia a migliaia di magre gambe che pedalano senza interruzione. Le ruote fendono le nebbie mattutine e la polvere, tracciano miliardi di vene immaginarie sopra il corpo dell’antica Pechino.
Nulla è mosso inutilmente - niente si agita - ogni cosa è al proprio posto.
Terra di spirito e memoria; la polvere alzata dalla rivoluzione non si è adagiata del tutto al suolo. Migliaia e migliaia di persone veloci sulle strade. Formiche che corrono al formicaio. Rumori di pedali e clacson, pantaloni larghi e ciabatte. Moltitudine. Una distesa di persone accovacciate a bere, a fumare, a parlare. L’uomo in silenzio ascolta e osserva tutto ciò che popola quella terra gigantesca.
Piove da due giorni e i lampi si rispecchiano nelle pozzanghere, l’uomo vaga nella piazza Quienamenn. Intorno a lui folla e traffico; nella notte le insegne luminose rischiarano persone sedute a terra, al lato della strada, mentre giocano a carte in uno spiraglio di pace sottratto alla frenesia. Le grigie case operaie, numerate in smalto rosso brillante, compongono blocchi autosufficienti con negozi e mercati, i leoni di carta sventolano legati sull’uscio per allontanare i predatori, gli assassini e la cattiva sorte, per mandar via la morte dal quartiere che oggi si inebria di festa. Caramelle, fuochi d’artificio e torte glassate. I parenti giunti dalla campagna partecipano con i loro ricordi nel tentativo di fermare il tempo: imperatori, ori, sogni, malinconie. Distrutta la cultura dei draghi, in eredità lasceranno solamente cemento e ferro tubo.
Il quartiere forma l’estrema muraglia e un tempo i campi verdi circondavano Beijing. La città fortificata era la perla improvvisa, apparsa per miracolo sulla strada, protetta dall’enorme spazio fisico dell’immensità attorno. Avvicinarsi alla Città Proibita è calarsi nel mare in tempesta, nel flusso e riflusso dei turisti cinesi in viaggio premio. Visi di lontane e isolate regioni; un vociare intenso e ininterrotto dei pellegrini nella loro terra.
All’ingresso, nella biglietteria per gli stranieri, chiedono la nazionalità e consegnano un registratore e una mappa per aiutare i visitatori. Dalla cuffia fuoriesce la voce di Ugo Tognazzi che fa da cicerone. L’uomo cammina lentamente - singola unità all’interno dell’enorme massa di persone - una goccia del fiume Giallo.
Riflesso in una ceramica incisa di fiori e draghi famelici, improvvisamente tutto gli è chiaro: - Qui il mondo è capovolto.
Nel tramonto le colonne rosse sembrano arterie, poste verticalmente ad alimentare il cielo di sangue. Nel grande piazzale i simboli della rivoluzione incitano la pioggia a trasformarsi in un torrente inarrestabile.
All’ingresso, nella biglietteria per gli stranieri, chiedono la nazionalità e consegnano un registratore e una mappa per aiutare i visitatori. Dalla cuffia fuoriesce la voce di Ugo Tognazzi che fa da cicerone. L’uomo cammina lentamente - singola unità all’interno dell’enorme massa di persone - una goccia del fiume Giallo.
Riflesso in una ceramica incisa di fiori e draghi famelici, improvvisamente tutto gli è chiaro: - Qui il mondo è capovolto.
Nel tramonto le colonne rosse sembrano arterie, poste verticalmente ad alimentare il cielo di sangue. Nel grande piazzale i simboli della rivoluzione incitano la pioggia a trasformarsi in un torrente inarrestabile.
Il treno è un’arca di ferro. Vetro, legno e ossa, aromi di tè, zucchero in blocchi opachi, bacche tonde, arachidi e biscotti al sesamo. Sotto i seggiolini dello scompartimento due meloni gialli sono appoggiati a terra e illuminati dal sole continuano il processo di maturazione.
Il treno è indescrivibile, in meno di mezz’ora il pavimento si ricopre di rifiuti e sputi; i bimbi scalzi transitano, i genitori ruttano rumorosamente guardando fuori dai finestrini. I seggiolini minuscoli sono stati ideati da un pazzo torturatore ed è impossibile trovare pace stando seduti. Il fumo delle sigarette è nebbia costante, e le volute biancastre avvinghiate ai granelli di polvere ostacolano la lama del sole che penetra dai vetri.
A nord del Sichuan piove. Il panorama è dominato dal sempre presente fiume Giallo che taglia la valle. Il fiume travolge alberi e piantagioni, il nastro marrone ribolle e divora le colline coniche ricoperte dalla vegetazione. A una stazione, dal nome impronunciabile, salgono due uomini anziani con il cappello di paglia, la loro pelle è bruciata dal sole e le borse di rete portate a tracolla traboccano di pane cotto a vapore.
Le ore trascorrono oziose, sudaticce, e arriva la sera. La notte si trasforma in tragicommedia. Il capo gli ciondola senza riposo e le frenate improvvise riportano la veglia ubriaca per pochi attimi, poi ritorna nella trance ondulatoria dove il sogno e la realtà dialogano nuovamente insieme.
Le gocce di pioggia si depositano sopra il vetro dei finestrini e con l’aiuto di un piccolo asciugamano sono utilizzate per rinfrescare il volto. I ventagli, in perenne movimento, trasformano la visione in un nido di farfalle.
Lo sguardo dell’uomo spazia tra le verdi colline dell’altopiano. Il confine è segnato da uno stupa su di una collina protetto dalle alte montagne. La donna seduta vicina prega sottovoce.
Il treno è indescrivibile, in meno di mezz’ora il pavimento si ricopre di rifiuti e sputi; i bimbi scalzi transitano, i genitori ruttano rumorosamente guardando fuori dai finestrini. I seggiolini minuscoli sono stati ideati da un pazzo torturatore ed è impossibile trovare pace stando seduti. Il fumo delle sigarette è nebbia costante, e le volute biancastre avvinghiate ai granelli di polvere ostacolano la lama del sole che penetra dai vetri.
A nord del Sichuan piove. Il panorama è dominato dal sempre presente fiume Giallo che taglia la valle. Il fiume travolge alberi e piantagioni, il nastro marrone ribolle e divora le colline coniche ricoperte dalla vegetazione. A una stazione, dal nome impronunciabile, salgono due uomini anziani con il cappello di paglia, la loro pelle è bruciata dal sole e le borse di rete portate a tracolla traboccano di pane cotto a vapore.
Le ore trascorrono oziose, sudaticce, e arriva la sera. La notte si trasforma in tragicommedia. Il capo gli ciondola senza riposo e le frenate improvvise riportano la veglia ubriaca per pochi attimi, poi ritorna nella trance ondulatoria dove il sogno e la realtà dialogano nuovamente insieme.
Le gocce di pioggia si depositano sopra il vetro dei finestrini e con l’aiuto di un piccolo asciugamano sono utilizzate per rinfrescare il volto. I ventagli, in perenne movimento, trasformano la visione in un nido di farfalle.
Lo sguardo dell’uomo spazia tra le verdi colline dell’altopiano. Il confine è segnato da uno stupa su di una collina protetto dalle alte montagne. La donna seduta vicina prega sottovoce.
A Chengdu le aspettative naufragano in un attimo. La strada per il nord è chiusa a causa della pioggia. Le alternative cozzano contro i “non sappiamo” i “potresti rischiare” i “forse”. Si ritrova sordo tra persone mute e nell’attesa del tempo clemente decide di andare a Emei Shan, che è solamente un incerto ideogramma su di un cartoncino sgualcito.
L’uomo trova alloggio nel monastero, dove si sta celebrando una cerimonia buddista. La funzione è lunghissima e le donne anziane, arrivate chissà da dove, restano sedute o genuflesse con le mani giunte. Un monaco focalizza la funzione: il salmodiare della voce è accompagnato dal suono di tamburi e cimbali.
I giovani monaci hanno il capo rasato, e la pioggia imperla le tuniche marroni ingioiellandole di pagliette luminescenti.
Il primo monastero è formato da tre costruzioni unite da passaggi al coperto; gli altari del Buddha sono la parte centrale di ogni costruzione laccata di nero e rosso. Intorno alle pagode i giardini di bonsai disegnano un micro mondo perfetto. Gli ideogrammi dorati su sfondo nero e i draghi intessuti sopra i sutra di stoffa si muovono al vento.
Al di fuori della grande porta due scimmie con il vestito giallo e le piume in testa, sono legate alla catena e i cinesi si accalcano per farsi fotografare vicino agli animali.
L’uomo trova alloggio nel monastero, dove si sta celebrando una cerimonia buddista. La funzione è lunghissima e le donne anziane, arrivate chissà da dove, restano sedute o genuflesse con le mani giunte. Un monaco focalizza la funzione: il salmodiare della voce è accompagnato dal suono di tamburi e cimbali.
I giovani monaci hanno il capo rasato, e la pioggia imperla le tuniche marroni ingioiellandole di pagliette luminescenti.
Il primo monastero è formato da tre costruzioni unite da passaggi al coperto; gli altari del Buddha sono la parte centrale di ogni costruzione laccata di nero e rosso. Intorno alle pagode i giardini di bonsai disegnano un micro mondo perfetto. Gli ideogrammi dorati su sfondo nero e i draghi intessuti sopra i sutra di stoffa si muovono al vento.
Al di fuori della grande porta due scimmie con il vestito giallo e le piume in testa, sono legate alla catena e i cinesi si accalcano per farsi fotografare vicino agli animali.
- Monaco, la tua lotta sarà faticosa in futuro. Lieve – con il passo cerimonioso – entra nel cortile interno.
Il nuovo anno porta con sé regali meccanicamente perfetti, visori al quarzo, schede elettroniche, bip e bop, raggi laser e tubi alogeni - tutt’altro è il suo procedere. Il gong è stato colpito, furiosamente traballa sopra i sostegni e improvvisamente cade. Il rumore si mescola all’incenso bruciato, corre velocemente e non ritorna indietro. - Anima non chiedermi che giorno è oggi - forse devo ancora nascere - forse è tutto già finito.
Il nuovo anno porta con sé regali meccanicamente perfetti, visori al quarzo, schede elettroniche, bip e bop, raggi laser e tubi alogeni - tutt’altro è il suo procedere. Il gong è stato colpito, furiosamente traballa sopra i sostegni e improvvisamente cade. Il rumore si mescola all’incenso bruciato, corre velocemente e non ritorna indietro. - Anima non chiedermi che giorno è oggi - forse devo ancora nascere - forse è tutto già finito.
I monaci sono riuniti attorno a un tavolo e le donne sfilando lentamente escono dal tempio, il monaco che presiede il tavolo lancia caramelle al di fuori dalla sala, nel buio. La gente in attesa all’esterno si getta a intercettare le traiettorie dei dolciumi, per poi razzolare al suolo ridendo rumorosamente.
L’unica stanza destinata agli stranieri è stata rimodernata, probabilmente da poco tempo. La testiera del letto è protetta da una pellicola di cellophane. L’umido ha intriso le lenzuola e la carta del Block Notes. La mostruosa piastra antizanzare in funzione sfrigola di continuo cibandosi di insetti.
Sulla panca laccata del Bagono Temple, sotto uno spicchio di luna crescente, lui ascolta le collere degli uccelli notturni.
L’unica stanza destinata agli stranieri è stata rimodernata, probabilmente da poco tempo. La testiera del letto è protetta da una pellicola di cellophane. L’umido ha intriso le lenzuola e la carta del Block Notes. La mostruosa piastra antizanzare in funzione sfrigola di continuo cibandosi di insetti.
Sulla panca laccata del Bagono Temple, sotto uno spicchio di luna crescente, lui ascolta le collere degli uccelli notturni.
All’alba l’uomo, zaino in spalla, è alla ricerca del sentiero che porta al monte Emei. Chiede ai contadini della zona informazioni sul percorso e sceglie la strada più lunga. I contadini ridiscendono i villaggi del monte con i cesti a bilanciere ricolmi di verdura da vendere al mercato. Altri cinesi, pellegrini come lui, hanno scelto la strada più faticosa: - Se è un pellegrinaggio bisogna soffrire il più possibile – sembrano dire.
E’ un continuo saliscendi: tremila metri di dislivello. Il percorso è formato quasi completamente da ripide scalinate che travalicano le colline per raggiungere la vetta. Il caldo umido è terribile. Alcune persone sedute su di uno scranno-portantina, sono trasportate da uomini mingherlini. Lungo la strada le bancarelle vendono frutta, bibite e ciotole di riso bollito. Piccoli monasteri si parano improvvisamente con gli enormi Buddha.
Nella parte alta del sentiero le scimmie assalgono i viandanti pretendendo un obolo in viveri. La nebbia sale lenta e inesorabile. Al monastero dell’Elefante, costruito in stile tibetano, l’uomo chiede alloggio per la notte. Gli viene proposta una stanza con due letti sgangherati. Nel refettorio il piatto di riso e tofu è servito da un giovane devoto, altri giovani monaci girellano con la radiolina all’orecchio tra le volute d’incenso.
Il monastero è un labirinto di stanze e stanzoni occupati da famiglie cinesi più o meno devote, ma sicuramente rumorose. Sulla vetta del monte l’ultimo monastero lievita tra le nebbie; gli stracci delle invocazioni sfarfallano stancamente intrisi dalla pioggia. Le preghiere dei monaci, nella notte carica di umidità, appiccicano alla pelle ogni singolo suono dei gong.
L’uomo ha la netta impressione che tutto quello che lo circonda, andrà a ispessire la pelle e renderà la sua anima più leggera. Alla pace che prova nulla si può aggiungere ed è inutile spiegare al vuoto quanto complesso sia il silenzio.
E’ un continuo saliscendi: tremila metri di dislivello. Il percorso è formato quasi completamente da ripide scalinate che travalicano le colline per raggiungere la vetta. Il caldo umido è terribile. Alcune persone sedute su di uno scranno-portantina, sono trasportate da uomini mingherlini. Lungo la strada le bancarelle vendono frutta, bibite e ciotole di riso bollito. Piccoli monasteri si parano improvvisamente con gli enormi Buddha.
Nella parte alta del sentiero le scimmie assalgono i viandanti pretendendo un obolo in viveri. La nebbia sale lenta e inesorabile. Al monastero dell’Elefante, costruito in stile tibetano, l’uomo chiede alloggio per la notte. Gli viene proposta una stanza con due letti sgangherati. Nel refettorio il piatto di riso e tofu è servito da un giovane devoto, altri giovani monaci girellano con la radiolina all’orecchio tra le volute d’incenso.
Il monastero è un labirinto di stanze e stanzoni occupati da famiglie cinesi più o meno devote, ma sicuramente rumorose. Sulla vetta del monte l’ultimo monastero lievita tra le nebbie; gli stracci delle invocazioni sfarfallano stancamente intrisi dalla pioggia. Le preghiere dei monaci, nella notte carica di umidità, appiccicano alla pelle ogni singolo suono dei gong.
L’uomo ha la netta impressione che tutto quello che lo circonda, andrà a ispessire la pelle e renderà la sua anima più leggera. Alla pace che prova nulla si può aggiungere ed è inutile spiegare al vuoto quanto complesso sia il silenzio.
Xinin ha perduto completamente il tessuto cittadino originario e la periferia si disperde per diciotto chilometri. I contadini affollano con biciclette, carri e trattori, tutte le arterie che dipartono dal centro città dove sorge la grande moschea costruita in stile cinese. Gli islamici portano un berretto bianco e le donne un velo nero ricamato che copre il viso, il resto della popolazione veste la divisa blu da lavoro. Gli uomini lo osservano incuriositi, protetti dai grandi occhiali tondi con le lenti scure, con le mani si arricciano le barbette perfettamente curate valutando ogni azione dello straniero.
In prossimità dell’altopiano tibetano la strada rasenta villaggi di fango, invasi rumorosamente da asini e maiali, oche e bambini. Lo sterco è a seccare sopra i tetti piatti delle case e le mandrie di yak si disperdono nel verde intorno. Un rasoio affilato ha tracciato di netto la strada polverosa.
Il monaco lamaista, con in mano un biglietto da cinque juan, tiene il braccio teso e chiede un passaggio ai camion che come enormi calabroni transitano carichi di masserizie e bestie.
In prossimità dell’altopiano tibetano la strada rasenta villaggi di fango, invasi rumorosamente da asini e maiali, oche e bambini. Lo sterco è a seccare sopra i tetti piatti delle case e le mandrie di yak si disperdono nel verde intorno. Un rasoio affilato ha tracciato di netto la strada polverosa.
Il monaco lamaista, con in mano un biglietto da cinque juan, tiene il braccio teso e chiede un passaggio ai camion che come enormi calabroni transitano carichi di masserizie e bestie.
Nel bar vicino al fiume c’è il mercato nero dei biglietti del treno per Lanzhou. Seduti al tavolino un gruppo di uomini in divisa giocano a domino, altri alla morra. Ogni angolo è dominato da sputacchiere di metallo sbalzato e ventilatori al massimo dei giri. Le cameriere con le calze sfilate sbadigliano attendendo le ordinazioni.
Nel buio del mattino Leshan è deserta e le donne puliscono le strade con scope vegetali. Due uomini anziani corrono senza fare rumore - leggere piume rotolanti.
Al porto si imbarca diretto alla riva opposta dove giganteggia la statua di Buddha scolpita nella roccia. La scalinata sale il fianco della parete verticale e il corpo enorme è una presenza enigmatica, misteriosa. Dall’alto osserva i turisti cinesi che seduti sopra i piedi della scultura si fotografano a vicenda sbraitando di felicità.
La città con tutta la sua furia vitale entra dalla finestra, perentoria. Lui è nel bagno ricavato in un piccolo terrazzino e rivestito da vetri incrinati e plastica annerita; un bagno serra. Su di una corda tesa poche cose ad asciugare e una pianta mezza morta agonizza tra i calzini. Da una spiraglio osserva il letto dove lei è sdraiata: il corpo incide con l’aria smossa dal ventilatore. Lei dorme, Buddha stanco di miracolare, con la schiena rivolta all’alito fresco.
Nel buio del mattino Leshan è deserta e le donne puliscono le strade con scope vegetali. Due uomini anziani corrono senza fare rumore - leggere piume rotolanti.
Al porto si imbarca diretto alla riva opposta dove giganteggia la statua di Buddha scolpita nella roccia. La scalinata sale il fianco della parete verticale e il corpo enorme è una presenza enigmatica, misteriosa. Dall’alto osserva i turisti cinesi che seduti sopra i piedi della scultura si fotografano a vicenda sbraitando di felicità.
La città con tutta la sua furia vitale entra dalla finestra, perentoria. Lui è nel bagno ricavato in un piccolo terrazzino e rivestito da vetri incrinati e plastica annerita; un bagno serra. Su di una corda tesa poche cose ad asciugare e una pianta mezza morta agonizza tra i calzini. Da una spiraglio osserva il letto dove lei è sdraiata: il corpo incide con l’aria smossa dal ventilatore. Lei dorme, Buddha stanco di miracolare, con la schiena rivolta all’alito fresco.
Nel parco del Tempio di Marquis Wu ci sono laghetti, canali, e una bella sala del tè all’aperto; nel bicchiere il tè verde colora d’oro il finto cristallo. Chino sopra il foglio l’uomo scrive: - Gocce di sudore imperlano la mia schiena e scendono svogliate. Le cicale e le rane completano la scena con un rumoroso sonoro mentre i vicini di tavolo mi guardano incuriositi. Vorrei chiedere a quella donna cinese per quale impero partorirà i suoi figli. Moderni imperatori elettronici – dinastie del futuro. Non più figli destinati al regno delle Stelle o dei Soli.
Nella lamaseria di Taersi le ruote della preghiera vengono fatte girare di continuo dai credenti. Fumano i ceri di burro di yak, i tetti dorati e le mattonelle verde smeraldo sono infuocate dal sole. Al di fuori del tempio il villaggio si è organizzato in un orgia di paccottiglie per i turisti di passaggio. Vicino alle improbabili ceramiche Ming, un pastore staziona immobile e con lo sguardo tiene sotto controllo le bestie al pascolo.
Le catene montuose si susseguono una dietro l’altra. Il paesaggio cambia improvvisamente e lui transita attraverso una landa desertica raggiungendo il passo a quattromila metri, dove stazionano gli accampamenti dei nomadi con a seguito le mandrie di yak sorvegliate dalle donne con le lunghe trecce e i volti bruciati dal sole dell’altitudine. Sull’altipiano la strada diritta taglia nel mezzo puntando l’infinito spazio dell’ambiente abnorme.
Intorno al villaggio fantasma i monti sono alti cinquemila metri e sembrano rivestiti di carta da parati verde brillante.
Una televisione, nel buio della notte, trasmette nelle stradine deserte il sonoro di un film drammatico e le poche luci tramutano l’ambiente in una visione onirica: Camion nella notte - Anime viandanti - Fari nel buio e sorrisi d’oro incapsulato.
Nella lamaseria di Taersi le ruote della preghiera vengono fatte girare di continuo dai credenti. Fumano i ceri di burro di yak, i tetti dorati e le mattonelle verde smeraldo sono infuocate dal sole. Al di fuori del tempio il villaggio si è organizzato in un orgia di paccottiglie per i turisti di passaggio. Vicino alle improbabili ceramiche Ming, un pastore staziona immobile e con lo sguardo tiene sotto controllo le bestie al pascolo.
Le catene montuose si susseguono una dietro l’altra. Il paesaggio cambia improvvisamente e lui transita attraverso una landa desertica raggiungendo il passo a quattromila metri, dove stazionano gli accampamenti dei nomadi con a seguito le mandrie di yak sorvegliate dalle donne con le lunghe trecce e i volti bruciati dal sole dell’altitudine. Sull’altipiano la strada diritta taglia nel mezzo puntando l’infinito spazio dell’ambiente abnorme.
Intorno al villaggio fantasma i monti sono alti cinquemila metri e sembrano rivestiti di carta da parati verde brillante.
Una televisione, nel buio della notte, trasmette nelle stradine deserte il sonoro di un film drammatico e le poche luci tramutano l’ambiente in una visione onirica: Camion nella notte - Anime viandanti - Fari nel buio e sorrisi d’oro incapsulato.
Brusco sarà il risveglio dopo la notte di forti sensazioni.
Inatteso e inopportuno giungerà lo scalpiccio dei ricordi e seguendo il moto del boomerang, da lontano ritornerà a colpirlo. Con i profumi di mandorli in fiore e l’odore di fritti bisunti, le terre distanti ritornano alla memoria.
Esistono luoghi - nel mondo - dove la vita ha la durata di una sigaretta di tabacco secco e il ventaglio per dote è un semplice alito di vento.
Inatteso e inopportuno giungerà lo scalpiccio dei ricordi e seguendo il moto del boomerang, da lontano ritornerà a colpirlo. Con i profumi di mandorli in fiore e l’odore di fritti bisunti, le terre distanti ritornano alla memoria.
Esistono luoghi - nel mondo - dove la vita ha la durata di una sigaretta di tabacco secco e il ventaglio per dote è un semplice alito di vento.